IL TEMA ARTISTICO
Coghetti scelse di raffigurare il tema della sconfitta di Annibale e del suo fallito tentativo di conquistare Spoleto dopo la vittoria al lago Trasimeno, la cui narrazione è ancora oggi leggibile sull’arco di Porta Fuga di Spoleto.
La composizione grafica dell’opera evidenzia un grande dinamismo, sottolineato dall’uso dei toni di colori contrastanti e brillanti per ottenere il massimo effetto di movimento.
L’episodio della sconfitta del Cartaginese è narrato, suddiviso orizzontalmente, in due parti:
nel basso è raffigurato un forte e impetuoso groviglio di soldati dal fisico possente muscoloso, che si mescola a cavalli, elefanti, persone ferite, scudi che riflettono la luce, abiti dai colori brillanti e panneggi complessi in una scena nell’insieme maestosa, d’intensa drammaticità, con un forte effetto scenico ed un immediato messaggio simbolico;
in alto sono raffigurate diverse architetture locali, edifici classici dell’antica Spoleto sui quali si staglia un bastione semicircolare dal quale la popolazione getta l’olio bollente su Annibale e sugli assalitori, secondo quanto narrato dalla leggenda.
Non sappiamo quali furono le fonti consultate dal Coghetti per l’elaborazione della sua scena.


La storia di Annibale e del suo fallito tentativo di conquistare Spoleto il giorno successivo alla sua vittoria sul lago Trasimeno è narrata da Livio in Ab Urbe Condita XXII-XXIII, il cui racconto ispira anche l’iscrizione sull’arco della Porta Fuga a Spoleto. Si deve però all’interpretazione di Coghetti la presenza così fitta, tra i soldati cartaginesi, di cavalieri dalla pelle scura.
Il passaggio della missiva in cui il pittore espone al suo diretto referente gerarchico, l’architetto modenese Luigi Poletti, un breve riassunto della scena, dà conto della ricerca storica e della visualizzazione degli effetti scenici che Coghetti compie prima ancora della definizione del bozzetto:
“Primo Argomento. Cesare nell’atto di valicare il Rubicone e frangere il Plebiscito che lo dichiara nemico è trattenuto dal simulacro di Roma che gli rampogna il gravissimo attentato.
Egli compreso da terrore e venerazione se ne scusa con alto animo ed attribuisce la colpa a Pompeo; e rotti gli indugi tragitta il torrente.
Il caso segue in notte tempestosa, ma non tanto che le tenebre non fossero diradate da raggi della luna. L’oste Cesariana si commuove tutta alla visione tremenda e nel petto dei Pretori. Questori, tribuni, Centurioni, manipolari e soldati nasce un conflitto d’animo per seguire l’impresa o no. Intanto i vessillari e le prime schiere dei Cavalieri entrano nel guado:
altri sopraggiungono e l’esempio sospinse finalmente tutti a toccar l’altra riva ed il fato di Roma è compiuto. Possono acconciamente apparire le passioni diverse nell’esercito per gli effetti della maggiore o minore fede nella fortuna di Cesare. Rimini si può vedere non lunge, e il Rubicone cinto di canne Palustri con l’urna versante linfe e la colonna migliaria col Plebiscito e decreto Senatorio.
Possono esservi dei togati del riminese senato, de Notabili cittadini, dei donzelli di seguito potendo credere che alla fama di Cesare fossero tratti in soccorso per propiziarselo.”